La querelle sulle spiagge libere a Maiori e l’evidenza della logica dell’esclusione, che ovviamente colpisce sempre i più deboli, ci dà l’occasione per parlare ancora della Costiera sito Unesco, e delle popolazioni residenti sempre più a rischio di estromissione.
Una breve contestualizzazione è necessaria in merito alla querelle in corso a Maiori. Il Covid impone dall’anno scorso un accesso contingentato alla spiaggia il che vuol dire che anche la spiaggia libera è libera nella misura in cui si raggiunge la saturazione dei posti previsti. La web app disponibile sul sito istituzionale del Comune sembra una soluzione trasparente e funzionale per risolvere la faccenda.
Purtroppo non è così! Accade spesso a chi intende accedere alla spiaggia cosiddetta libera, di essere anche sprovvisto di quei basilari strumenti di alfabetizzazione informatica che costituiscono il minimo bagaglio necessario per utilizzare il mondo digitale.
Le fasce deboli della popolazione sono anche le fasce esposte all’esclusione. Se poi aggiungiamo la squallida pratica del clientelismo ad ogni costo – anche per un posto in spiaggia qualcuno verrà un giorno, o già viene in preassegnazione, a chiedere un voto in contropartita – si completa il quadro del nostro sfortunato paese e territorio, dove tutto ha un costo ‘politico’ e lo stato di diritto diventa un optional.
A questo punto è preferibile la gestione tradizionale, nel senso che se si accede in base agli arrivi in spiaggia senza prenotazione si evitano favoritismi ed esclusioni ‘programmate’.
A questo squallido e desolante quadro della nostra realtà quotidiana aggiungiamo un problema nazionale, cioè quello di non poter usufruire, anche con la scusa del Covid, di un bene demaniale inalienabile, cioè la possibilità di accedere al quel tratto di spiaggia denominato battigia. la battigia è “quella parte di spiaggia contro cui le onde si infrangono al suolo, che si estende per circa cinque metri dal limitare del mare”. Questo vale sempre, a eccezione delle spiagge di ampiezza inferiore a 20 metri per le quali l’estensione della battigia può essere ridotta fino a tre metri. la legge prevede che l’accesso alla battigia sia sempre libero e gratuito, anche al fine di balneazione. titolari delle concessione devono consentire l’accesso e il transito per il raggiungimento della battigia antistante l’area compresa nella concessione, anche al fine della balneazione.
Non si può certo sostare sulla battigia con sedie e ombrelloni ma se si vuole passeggiare, ad esempio a Maiori da costa d’angolo al porto e viceversa, o anche fare un bagno e sedersi qualche minuto sulla battigia NESSUNO LO PUO’ IMPEDIRE.
Chi ha la gestione delle spiagge libere, come anche degli stabilimenti privati, non ha poteri di pubblica sicurezza; deve sono provvedere a sistemare gli stalli, pulire la spiaggia, controllare la sicurezza dei bagnanti. Quindi, premesse queste condizioni di diritto, se un bagnino prova a cacciarvi chiamate i vigili urbani e se i vigili urbani vi cacciano via chiamare le associazioni dei consumatori.
“O cane mozzeca semp’ ‘o stracciato”, vecchio adagio in vernacolo che esprime tutta la verità sull’esclusione dei più deboli.
Indubbiamente in Costiera, a parte qualche sprazzo di ragionevolezza, le nostre amministrazioni seguono logiche di accaparramento delle risorse, anche pubbliche, per finalità di becero assistenzialismo condizionato da ricatti clientelari.
Come Comitato non possiamo pensare che la tutela di un territorio passi solo attraverso la strenua difesa di un concetto asettico di “paesaggio”.
Sul sito Unesco leggiamo: <<“La Costiera Amalfitana è un’area di grande bellezza fisica e diversità naturale. È stato intensamente abitato da comunità umane fin dall’alto Medioevo. Ci sono una serie di città come Amalfi e Ravello con opere architettoniche e artistiche di grande significato. Le aree rurali mostrano la versatilità degli abitanti nell’adattare il loro uso del suolo alla diversa natura del terreno, che spazia dai vigneti terrazzati e frutteti del basso pendio agli ampi pascoli dell’altopiano.” >>
Il “paesaggio culturale” (Cultural Landscape) è il pregio della Costiera Amalfitana, quindi oltre la natura e le emergenze monumentali anche la corretta interazione da azione dell’uomo e natura, cosa avvenuta con saggezza fino agli inizi dello scorso secolo. Tutelare questo patrimonio anche antropologico significa tutelare e proteggere le popolazioni autoctone, favorirne la residenza e resilienza in loco nonostante le condizioni avverse del ‘mercato’, assicurare stabilità e qualità della vita per consentire ai giovani di restare nel proprio paese e formare una famiglia.
Creare un grande e asettico resort non conviene a nessuno, nemmeno e soprattutto agli operatori turistici; la Costiera senza i costaioli, senza le tradizioni, le feste popolari, le processioni, i riti pasquali, la gastronomia e i sapori, gli antichi saperi su agricoltura e terrazzamenti … in sintesi senza la componente antropologica appunto che mantiene in piedi “il paesaggio” … la Costiera NON SARA’ e cadrà progressivamente a pezzi come sta già accadendo.
La tutela della Costiera e l’idea complessiva di un’altra Costiera – anche quale prevenzione di base delle imprevedibili conseguenze ai cambiamenti climatici – comunque non può non passare attraverso una visione riformatrice di sviluppo e concreta sostenibilità ma al contempo ‘conservatrice’ di tutela, a partire dalla protezione sociale ‘effettiva’ delle fasce più deboli della popolazione e senza le squallide politiche di assistenzialismo clientelare alle quali siamo purtroppo abituati … dalla prenotazione della spiaggia libera al posto in ospedale, finanche al posto di lavoro.
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Last modified: 19 Giugno 2024